Mar 8, 2009

Tre giorni, an essay in Italian


La convocazione è per le 10:00 ma io sono lì alle 8:30. Come per il primo giorno di scuola, o per la prima volta diretti ad un indirizzo nuovo, quando si arriva troppo presto perché si è percorsa una strada che ci ha portati sul luogo deputato in meno tempo di quanto stimato. Sono lì sola e mi chiedo, ma dove sono tutti? E sopratutto, cos'è che faccio io veramente di lavoro? Piove, e il mio ombrello è di quelli tascabili, che inevitabilmente si rompono da un lato, e l'acqua ti cola sempre giù bagnandoti nell'unica parte scoperta del collo, scendendo come una lama di ghiaccio fino alle mutande. I dolori del ciclo e il sonno arretrato alterano la mia percezione, i residui della congiuntivite accorciano attraverso i miei occhiali graffiati e bagnati di pioggia, notevolmente il campo visivo. La sospetta assenza di persone attorno a quello che a breve dovrebbe diventare un frenetico set cinematografico, mi preoccupa. 

Poi, uno ad uno spuntano sorrisi, facce note e il profumo della macchinetta del caffé a cialde nella saletta ricavata accanto al passaggio dei cavi del genny mi fanno lentamente tornare lucida. Caricata come una molla con qualche giro di chiavetta vengo riproiettata nel mio usuale mondo e ritmo lavorativo. Il numero dei frame diminuisce e la proiezione arriva a velocità normale. Il suono ovattato si definisce e i sensi si affinano. Avverto un certo agio. Sento una dolce nota sostenuta che mi fa abbassare le spalle tese e mi lascia piacevolmente stupita. Sorrido.

Era da Natale che non lavoravo. E poi, come spesso accade, nel giro di una settimana, mi sono stati offerti due piccoli lavori. Due lavori perfetti, i classici impegni brevi della serie cooked & eaten. Alle 10:00 di un piovoso mercoledì, sola in un parcheggio di un teatrino di posa sul Raccordo Anulare, affronto curiosa il secondo dei due. Tre giorni era l'accordo. "Ci servi solo per tre giorni, per chiudere il film," ha detto quella voce al telefono.

E così è stato. Compressi in quei soli tre giorni, ho vissuto i piacevoli lati di un film intero. Ne ho tratto il paradossalmente il meglio. Un concentrato di film. Un distillato di quello che amo del mio lavoro. Come non mi capitava ormai da un bel po', io mi sono effettivamente divertita. Una bella novità, considerando il mio desiderio di cambiare mestiere. Nello specifico professionale, in quanto a compiti e doveri, l'impegno constava di poche effettive responsabilità, visto che si girava già raccordati. Nessuna noia, pochi tempi morti. Le solite lunghe attese, certo, ma stranamente colme di scoperte e coincidenze. Nessuna routine, au contraire. Sono stati tre giorni (stipendiati) di risate, cioccolata e sguardi di complicità. Peccato siano stati solo tre.

2 comments:

  1. E che faceva? Non ho capito. C'eri in un film, or facevi un film?

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  2. Sono una script supervisor, o come si dice qui una segretaria di edizione. Passo le mie giornate accanto al regista a scrivere, ironico no? Quando all I want is write for myself... Ma questi piccoli frammenti di lavoro mi piacciono. Today I just committed to another upcoming job.

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